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“Inside Man” di Spike Lee

venerdì 29 maggio – ore 21.10 – italia uno

CHI-DOVE-COSA-QUANDO-PERCHÉ ci spiega – sguardo in macchina, serrato in una strana prigione – Dalton Russell, enigmatico ladro idealista che non ama sprecare parole, né tanto meno ripeterle. Tutto il racconto è in queste domande. Tutta l’arte sta nel non rispondere. O nel rispondere troppo. O nel dare risposte inaspettate, ambigue, multiple. Spike Lee è in questa differenza in più o in meno. Negli scarti, nelle digressioni che svelano il mondo che si agita attorno al recinto angusto della trama.
CHI è l’ostaggio e chi il rapitore, se tutti sono vestiti allo stesso modo? Chi è il buono, se anch’egli è inquisito per corruzione? Ed è un buono “vero”, il detective Frazier, o solo un comprimario che qualcuno molto in alto ha ingabbiato in questo ruolo? Non a torto, Russell si diverte a chiamarlo Serpico e Kojak, mentre l’altro ribatte che “Non siamo in Quel Pomeriggio di un Giorno da Cani“. Frazier è un mero stampo del passato, replicante di vecchi eroi del cinema, come pure replicante di se stesso: Denzel Washington è a quota 11 ruoli da poliziotto. Insomma una marionetta, come palesa l’immagine più folgorante del film: subito dopo l’uccisione del primo ostaggio, un carrello indietro accelerato che precede Frazier inerte, catatonico, mentre sembra avanzare sopra un tappeto mobile.
DOVE, se non a New York, non manca mai uno straniero da odiare? Un banchiere sikh scambiato per arabo e malmenato senza complimenti dai suoi “liberatori”. Un poliziotto di quartiere la cui più tremenda avventura è stata contro un ragazzino armato (ma un nero, mica uno qualunque…). I ladri che scoprono le “cimici”, e si divertono a bidonare gli sbirri con la voce del dittatore albanese Enver Hoxha, che l’esperto di turno scambia per russo, o per bulgaro, finché dalla strada non spunta fuori un operaio che riconosce la lingua dell’ex-moglie; la quale accetta poi di collaborare con la polizia, ma solo in cambio del condono di certe multe. Nel calderone etnico del cinema di Spike Lee, l’unico gene comune è la ricerca del profitto.

Il COSA è un rapitore che picchia un ostaggio poco disciplinato. Ma è il COME a renderlo sublime: prima di dare sfogo ai suoi nervi, Clive Owen si ritira dentro una stanza; attraverso la vetrata, lo vediamo agitare le braccia come in uno yoga nevrotico; quindi torna in scena, trascina il colpevole nella stanza e lo pesta. Uno spazio che mostra, uno spazio che nasconde. Il fascino di Inside Man è in questo “doppiofondo”: fuori, le verità ufficiali da arredare sul teatro della società; dentro, i segreti che dormono nelle cassette di sicurezza, tra le false pareti, dietro maschere che negano volti.
“We Will Never Forget”, leggiamo fuggevolmente su un muro. L’11 settembre è ancora oggi. Ma QUANDO un nipote di Bin Laden cerca un appartamento, non si può fare tanto gli schizzinosi (in fondo non vede lo zio da nove anni). Nessuno dimentica che i soldi, una volta candeggiati dalla più onorevole delle banche, non hanno più odore. Il mercato è il mercato, il cinema è il cinema, e perfino chi ha girato Malcolm X e La 25° Ora prima o poi dovrà rassegnarsi alle pratiche basse di un film di genere. Per questo il vero “inside man”, la vera talpa di questa storia, è proprio Spike Lee. Che si infiltra con la tuta blu da mestierante hollywoodiano in un poliziesco qualsiasi (l’avrebbe dovuto fare Ron Howard, figuriamoci…) e lo redime in uno splendido, amaro, sarcastico racconto immorale del terzo millennio. Sono questi i doppifondi che più amiamo: diamanti che rendono inutile tutto ciò che c’è sopra.
Ecco PERCHÉ non racconto la trama. Perché non amo sprecare parole.

dantealbanesi (da www.revisioncinema.com)

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About baikcinema

Albanesi Dante
(BAIKcinema)

Dante Albanesi (San Benedetto del Tronto, 1968). Laurea in DAMS Spettacolo a Bologna, con tesi su Peter Greenaway (110 e lode). Per la critica cinematografica, ha vinto i Premi Segnocinema 1994, Adelio Ferrero 1994 e Filippo Sacchi 1997. Ha scritto di cinema su quotidiani (“Il Resto del Carlino”), siti internet e riviste, tra i quali: “Cineforum”, “Cabiria”, “La linea dell’occhio”, “Segnocinema”, “reVision”, “Shortvillage”, “Cinemania”, “Fotogenia”, “CinemaSud”, “Proiezioni”, “AccaParlante”, “ilDocumentario.it”. Ha collaborato con il Premio Libero Bizzarri (documentari italiani e internazionali) e il FanoFilmFestival (cortometraggio internazionale). Nel 2002 ha pubblicato il libro Da Cabiria a Moulin Rouge! – Cento anni di musica per il cinema (Cineforum San Benedetto del Tronto). Organizzatore di corsi di cinema per scuole, enti e associazioni. Direttore Artistico delle edizioni 2003-2011 del festival del cinema breve CortoperScelta. Autore di corti di finzione e documentari, con partecipazioni a circa 110 festival italiani e internazionali e circa 30 premi, tra i quali: 42° Mostra del Cinema di Pesaro, FanoFilmFestival 2006, Sottodiciotto di Torino, Videoconcorso Pasinetti di Venezia). Docente di materie cinematografiche all’Ipsia di San Benedetto del Tronto – Indirizzo “Produzione Audiovisive”. 


San Benedetto del Tronto (AP)

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