Su “La Repubblica” del 26 marzo 2009 un articolo dedicato al Magmart International Videoart Festival di Casoria. leggi
All’interno dell’articolo una galleria di immagini della mostra, tra cui anche “Fiore_di_luglio” .
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(”La Repubblica”, 26 marzo 2009)
E’ il Cam (Casoria Art Museum): in pochi anni ha raccolto una collezione
invidiabile, con nomi giovani e importanti del panorama internazionale
Casoria, tra monnezza e camorra
un fiore di arte contemporanea
Pochissimi soldi, rari sponsor, ma una politica intelligente
che crea veri e propri eventi come “Magmart” in corso adesso
di LAURA LARCAN
CASORIA - Scusi, sa dov’è il Museo d’arte contemporanea di Casoria? “Perché? Ci sta ‘nu museo a Casoria!?” La perplessità del signore di fronte alla domanda diventa diffidenza, come a dire: che siamo su candid camera? Nessuno scherzo. A Casoria, nell’hinterland napoletano, dove quattro anni fa l’amministrazione è stata sciolta per infiltrazioni camorristiche, cui seguirono tre anni di commissariamento, dove fino a poco tempo fa l’immondizia invadeva le strade rendendo l’aria irrespirabile, ebbene a Casoria esiste il Cam, il Contemporary Art Museum.
Ben 3500 metri quadrati di open space tinteggiati di bianco latte incastonati in un gioiellino di archeologia industriale dalla planimetria complessa e articolata, che spicca con una guglia monumentale simil-moresca in via duca d’Aosta, 63/A. E soprattutto, ben mille opere d’arte contemporanea come collezione permanente tra pitture, sculture, fotografie, opere multimediali e installazioni, firmate da circa novecento artisti di rilievo internazionale.
Qualche esempio, la boliviana Raquel Schwartz che ha partecipato alla XXV Biennale di San Paolo, la libanese Maria Kauzon che ha rappresentato il Libano all’ultima Biennale di Venezia, i cinesi Liu Yang, Huang Yan, Cang Xin, che ormai espongono in tutto il mondo, l’argentina Nora Iniesta, anche lei passata dall’expo lagunare, insieme alla cipriota Melita Cauta o il tedesco Ulf Saupe. Una scuderia di giovani talenti scoperti e coltivati con cura certosina dall’ideatore di questa incredibile primula rossa nel deserto, il direttore Antonio Manfredi a sua volta scultore e fotografo globetrotter che del talent scouting ha fatto la sua missione.
E può capitare addirittura che il Guggenheim Museum di New York chieda al direttore del Cam referenze per l’artista americano Peter Tool che vorrebbe comprare, sapendo che lì a Casoria, tra Afragola e Ikea, c’è una sua opera. Insomma, un patrimonio tale, stimato per circa cinque milioni di euro, da costituire “una delle collezioni d’arte contemporanea più importanti d’Europa”, come avverte mister braveheart Antonio Manfredi, nato a Casoria nel ‘61, che quattro anni fa si è messo in testa la ‘pazzaria’ di creare un museo e soprattutto, fatto ancora più anomalo, di riuscire a portarlo avanti suo malgrado senza finanziamenti pubblici e senza, a quanto pare dalle risposte dei concittadini fermati per strada, interesse locale.
Eppure, passeggiando in questo suggestivo labirinto di installazioni, si scoprono una postazione multimediale per collegamenti via skype con gli artisti, una biblioteca di arte - l’unica della città - un teatro laboratorio sperimentale.
Nel 2005 il Cam nasceva con un Dna comunale, con l’idea di ristrutturare uno spazio del Comune e aprirlo con la supercollettiva “100 Artisti per un Museo” che, con risorse dell’amministrazione dava seguito all’iniziativa positiva del Parco delle Sculture. “Poi dopo sei mesi lo scioglimento per infiltrazioni camorristiche ha sospeso ogni forma di sostegno - racconta Manfredi - e oggi con la nuova giunta possiamo continuare solo a utilizzare questo spazio, che dividiamo con una scuola elementare e media, senza pagare affitto né luce. Di ulteriori finanziamenti per le attività non ne vediamo l’ombra né dal Comune, né dalla Regione, tanto meno dalla Provincia”.
Qual è allora il segreto? Tanti progetti originali, tanta tenacia manageriale, tanta ricerca sperimentale e qualche sponsor privato: “Soprattutto appassionati illuminati, collezionisti, qualche piccolo imprenditore locale - avverte Manfredi - pochi ma buoni anche perché qui i negozianti non riescono a darci una mano perché molti di loro già devono pagare il pizzo”.
Sul fronte dei progetti originali, una delle creature più affascinanti di questo museo è “Magmart. Video under Volcano”, il festival internazionale di videoarte arrivato alla quarta edizione e godibile fino al 10 maggio, che ha selezionato una trentina di opere su una flotta di duecento candidati di tutto il mondo, dal Brasile all’Estonia, dall’Italia al Venezuela, dall’Olanda agli Stati Uniti, registrando anche una tendenza nuova nel settore, “una sensibile diminuzione dell’animazione grafica e una maggioranza di prodotti girati, segno evidente che le videocamere si diffondo”, avverte Manfredi.
Il festival è solo uno degli esempi di network internazionale. Qui non si fanno mostre-pacchetto ma tutto nasce da idee e collaborazioni illustri. A giugno del 2008 la mostra “CAMorra” raccoglieva artisti napoletani su un tema forte e scottante, e nel settembre dello stesso anno il Cam organizzava un simposio internazionale di pittura in collaborazione con il Comune di Pescara e il Comitato Olimpico dei Giochi del Mediterraneo. Nel 2007 “India revealed” portava a Casoria artisti indiani con l’Associazione Mrittika International Art Center di Santiniketan nel West Bengala, e nel 2006 “Selfportrait. A show for Bethlehem, show for Peace” raccoglieva 360 artisti multimediali in collaborazione con il Museo Arte Contemporaneo di Santa Fe e con il Museum of Contemporary Art di Rosario in Argentina, con l’Officina Art Space di Szczecin in Polonia e con Al Kahf Gallery di Betlemme in Palestina.
Cosa ne viene fuori? Che il Cam vanta una delle più cospicue collezioni di arte multimediale, così come di arte orientale, oltre ad aver costruito a suon di donazioni illustri la più completa collezione di artisti napoletani contemporanei dal secondo dopoguerra ad oggi.